Su repubblica.it ieri è stata pubblicata una galleria di scatti fotografici che ritraggono persone con gli occhi chiusi. L’autore delle immagini è un fotografo tedesco, Benjamin Nadjib, il quale sostiene – come si legge in una nota del servizio – che “a differenza dei ritratti normali nei quali l’interesse è quasi sempre sugli occhi, in queste foto è il volto a ricevere la migliore attenzione”. Scorrendo la galleria ci si trova di fronte a una sequenza di facce di uomini e donne dai tratti irregolari, persone comuni come si dice, coi loro difetti fisici e le loro peculiarità, con una tale ricchezza di espressioni da destare meraviglia. Se dovessi scegliere la didascalia perfetta a questi ritratti ad occhi chiusi prenderei in prestito i versi del grande poeta brasiliano Lêdo Ivo: “Non sappiamo dove siamo. Non sappiamo ciò che siamo. / Nulla sappiamo, se non che c’è una notte / pura e vuota ad attenderci. Una notte intoccabile / oltre il fuoco e il ghiaccio”. Noi umani associamo gli occhi chiusi all’idea del riposo, al sonno, a quando ci rintaniamo in noi stessi per accarezzare il brusio del nostro sangue, o ad ascoltare il ritmo del respiro, ma associamo gli occhi chiusi anche al silenzio, a ciò che rifuggiamo per paura, qualche volta all’idea della morte. Uno dei romanzi italiani del novecento che ho amato di più è Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi. Il titolo allude a una sorta di cecità spirituale, all’incomunicabilità sentimentale che lega il protagonista alla donna che ama, una ragazza condannata alla prostituzione e a un destino di rovina. Quella di Tozzi è un’opera piena di tenerezza e di violenza, in cui spesso il senso di meraviglia rende insopportabili i richiami dei sensi. Vi si leggono frasi come questa: “Andava verso la città sovra la quale si raccoglieva una dolcezza d’azzurro, tra le colline l’una più soave dell’altra. Quella bellezza meravigliosa l’umiliava”. Di fronte alla bellezza, così come di fronte all’abiezione, non abbiamo altra via di fuga che non sia chiudere gli occhi. Ho pensato a quante volte gli occhi entrano nei modi di dire della gente: vedere di buon occhio, ad occhio e croce, non perdere d’occhio, pagare un occhio della testa e così via. Una sequenza linguistica che ci dà il senso di come davvero non possiamo fare a meno degli occhi per descrivere ciò che siamo. E ho pensato anche che quando due persone si baciano normalmente chiudono gli occhi, forse proprio – come ha scritto Tozzi – per non sentirsi umiliati da troppa bellezza.
Tedeusz Różewicz, LA PORTA
I muratori andandosene
hanno lasciato nel muro un’apertura verticale
A volte io penso
che il mio appartamento sia convenzionale troppo
ci entrano come niente
i tipi più diversi
Se i muratori non avessero lasciato
quell’apertura nella parete
io sarei un eremita
purtroppo
trascorro il mio tempo
uscendo e rientrando
ultimamente mi hanno messo una porta girevole
attraverso quella porta
entrano le faccende di questo mondo
non ci si è fermato mai
un melo in fiore
né un puledrino
dall’occhio umido
né una stella né un’arnia d’oro
né un torrente con i pesci
e i ranuncoli
tuttavia non murerò quella porta
chi sa non ci si fermi
un uomo buono
e mi dirà chi sono
6 ottobre 2009 a 09:08
I tuoi occhi
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all’ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d’Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno ha perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s’illanguidiscono un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d’autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l’un l’altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
Nazim Hikmet
6 ottobre 2009 a 10:19
“I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d’Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino”
Folgorante. Che splendido dono la parola.
6 ottobre 2009 a 16:45
L’invisibile ascolta il battito del cuore attraverso i tuoi occhi Occhi di terracotta incollati a un punto fisso in cielo. Arcobaleni e stelle appese al filo come aquiloni scivolano dentro con passo lieve, lasciando il buio oltre.
6 ottobre 2009 a 19:08
Grazie anche a te, agli arcobaleni e alle stelle che ciascuno porta nel proprio invisibile.